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TRADUZIONI DEL TESTO EBRAICO

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Messaggio  ADMIN Lun Gen 05, 2009 6:22 pm

INVIATO da: Elemiah 18/11/2000 7.46


LE TRADUZIONI DEL TESTO EBRAICO

La traduzione dell'originale testo ebraico presentava non poche difficoltà. La prima versione tradotta in lingua greca del Vecchio Testamento è detta Versione dei Settanta, essa è ancora ammantata di mistero sia per quanto riguarda l'epoca sia per gli interpreti, sia per il numero.
La storiella che si racconta sembra essere questa:
Tolomeo Filadelfo (285-254 a.C.) fondò ad Alessandria una famosissima biblioteca arricchendola quanto più possibile delle maggiori opere letterarie dei popoli. Fu, quindi, per arricchire la sua biblioteca che ordinò di tradurre il Sepher di Mosè in lingua greca. Molto probabilmente la traduzione fu affidata agli Esseni in quanto i Giudei non erano propensi a trasmettere né i loro libri né quello che si trasmettevano verbalmente. Gli Esseni cercarono di dare una versione quanto più letterale possibile del Sepher, tacendo la parte spirituale di cui ne era vietata la divulgazione dei misteri. Molto probabilmente non furono settanta a compiere questo lavoro ma il numero si riferisce quasi certamente al fatto che la traduzione fu in seguito approvata dal Sinedrio che allora era composta da settanta Giudici. La Bibbia è quindi una copia in lingua greca delle scritture ebraiche. Con la venuta di Gesù Cristo, il quale aveva sempre citato la Bibbia greca, i Padri della Chiesa vi si attennero sempre con maggior rispetto fino ad ignorare l'esistenza del testo ebraico.
La Versione dei Settanta, però, fu attaccata da varie polemiche tra cui si accusava gli Ebrei di aver introdotto arbitrariamente alcune varianti che offendevano Dio facendolo apparire con caratteristiche più umane che divine. Sant'Agostino affermava che non era possibile conservare il senso letterale dei primi tre capitoli del Sepher senza offendere la pietà, senza attribuire a Dio cose indegne di Lui. Origene asseriva, nella sua opera De Principiis, che la Sacra Scrittura ha tre significati: somatico o letterale, psichico o dell'anima, spirituale o allegorico (dello spirito). Quando noi passiamo dal significato letterale a quello spirituale, ci avviciniamo alla fede-conoscenza. Per Origene, dunque, la storia della creazione nel suo senso puramente letterale era assurda e contraddittoria. San Girolamo notò il grave difetto della versione greca e cercò di porvi rimedio ed è a lui che dobbiamo la versione in latino dell'Antico e Nuovo Testamento, la cosiddetta Vulgata Editio, riconosciuta dal Concilio di Trento come l'unica ed autentica. In essa San Girolamo cercò di curare soprattutto il preciso significato letterale del testo ricorrendo all'originale ebraico. Ma ben presto dovette rinunciare, in buona parte, al suo proposito in quanto, per poter ricorrere al testo originale, bisognava conoscere l'ebraico antico, lingua morta da più di mille anni ed i Giudei ai quali si rivolse San Girolamo non gli furono di grande aiuto.
|Non meno travagliata fu la traduzione in italiano delle Sacre Scritture. Infatti il Concilio si trovò ad affrontare la questione di una versione in volgare della Bibbia affinché potesse essere presentata al popolo e non essere più appannaggio solo di uomini della Chiesa. Infatti, all'epoca giravano in Italia molte traduzioni in lingua volgare , ma nessuna di esse godeva fama di una certa ufficialità e approvazione da parte della Chiesa. All'interno del Concilio, in varie fasi, vi era chi si opponeva alla traduzione in volgare o, per lo meno, a che alcuni libri venissero tradotti. Questa restrizione prevarrà in Italia per secoli e fu solo il 30 settembre 1943 che l'enciclica Divino Afflante Spiritu del papa Pio XII diede il via alle traduzioni in italiano della Bibbia dai testi originali.
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