:: Fare del corpo "una casa per l'anima" ::
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:: Fare del corpo "una casa per l'anima" ::
E' vero asceta colui che sa vivere in armonia la sua duplice dimensione spirituale e corporea, trovando il giusto equilibrio tra la realtà esterna e il suo mondo interiore.
Pratica la vera ascesi, colui che sa guardare all'intero della propria persona, come compiuta sintesi di anima e corpo.
Esercitare il proprio corpo alla salute, rinunciando al superfluo e a ciò che è nocivo, curare la propria forma esteriore in armonia con quella interiore, costituisce il monito per chiunque voglia essere vero medico di se stesso.
L'asceta, infatti, si può configurare anche come un medico, capace grazie ad una serie di abilità, di tecniche e di conoscenze - acquisite con lunghi esercizi - di lottare, talvolta anche con successo, contro gli ostacoli dolorosi dell'esistenza.
Lo stesso cristianesimo, se correttamente interpretato, invita a curare anche il corpo, inteso non più come "tomba", ma come "tempio", "scrigno prezioso" dell'anima.
Rinunciare al corpo vuol dire fare esercizio per sopprimere ciò che lo danneggia, lo ferisce, ma anche lo "gratifica" in modo superficiale, qualora si badi solo all'apparenza.
L'asceta sa - grazie ad un raffinato esercizio esistenziale - come il rapporto tra ciò che siamo fuori e ciò che siamo dentro, pur nella finitezza della nostra condizione umana, sia frutto invece di una serie feconda di pratiche e abilità dove mente e corpo sono figure interagenti.
L'ascesi è, in definitiva, un'arte del vivere dove il rinunciare non significa reprimere, curare la salute del corpo non significa badare solo ad avere "forme armoniche", e dove l'anima si sente veramente "a casa" nel proprio corpo.
Pratica la vera ascesi, colui che sa guardare all'intero della propria persona, come compiuta sintesi di anima e corpo.
Esercitare il proprio corpo alla salute, rinunciando al superfluo e a ciò che è nocivo, curare la propria forma esteriore in armonia con quella interiore, costituisce il monito per chiunque voglia essere vero medico di se stesso.
L'asceta, infatti, si può configurare anche come un medico, capace grazie ad una serie di abilità, di tecniche e di conoscenze - acquisite con lunghi esercizi - di lottare, talvolta anche con successo, contro gli ostacoli dolorosi dell'esistenza.
Lo stesso cristianesimo, se correttamente interpretato, invita a curare anche il corpo, inteso non più come "tomba", ma come "tempio", "scrigno prezioso" dell'anima.
Rinunciare al corpo vuol dire fare esercizio per sopprimere ciò che lo danneggia, lo ferisce, ma anche lo "gratifica" in modo superficiale, qualora si badi solo all'apparenza.
L'asceta sa - grazie ad un raffinato esercizio esistenziale - come il rapporto tra ciò che siamo fuori e ciò che siamo dentro, pur nella finitezza della nostra condizione umana, sia frutto invece di una serie feconda di pratiche e abilità dove mente e corpo sono figure interagenti.
L'ascesi è, in definitiva, un'arte del vivere dove il rinunciare non significa reprimere, curare la salute del corpo non significa badare solo ad avere "forme armoniche", e dove l'anima si sente veramente "a casa" nel proprio corpo.
Tutto ciò è soltanto un mio pensiero
shila
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